Nel 2017 cadeva il bimillenario della morte di Tito Livio.
Per l’occasione l’Università di Padova, il Comune e la Soprintendenza hanno dato vita al progetto Livius Noster, una serie di manifestazioni per celebrare lo storico romano di origini padovane.
Tra queste c’è stato anche lo scavo dello Zairo di Padova, l’antico teatro romano.
Lo scavo ha prodotto un docuvideo realizzato dalla giovanissima Anna Ferrarese, archeologa con la passione per la divulgazione scientifica, presentato lo scorso 19 dicembre insieme ai risultati delle analisi sui campioni raccolti.
In quest’intervista Anna ci racconta cos’ha fatto, come, perché.
Buona lettura 🙂
Anna Ferrarese, cos’hai realizzato in questo video?
Questo è un video fatto da archeologi per il pubblico all’interno di un ambiente di scavo.
Ci sono diversi modi di fare un documentario.
Quello che abbiamo realizzato in occasione degli scavi a Nora (Sardegna 2012) è un video di presentazione dei lavori.
Questo no, è proprio diverso. Qui vedi il lavoro che viene fatto nel mentre si svolge.
Come hai organizzato il lavoro?
Mi ero strutturata gli argomenti in un certo modo. Poi durante lo scavo abbiamo dovuto riadattarci, perché sono uscite cose nuove e poi non sai mai cosa trovi scavando.
Quindi dello storyboard cos’è rimasto?
Dello storyboard sono rimasti gli argomenti da trattare, ma la sequenza delle interviste, come incastrare le cose, la voce narrante li ho stravolti per raccontare al meglio il lavoro fatto.
Hai istruito i tuoi colleghi?
Il primo documentario che ho realizzato era ben strutturato e allora li avevo istruiti bene.
Ma ho notato che più mettevo regole, più certe persone facevano fatica a parlare, soprattutto se non sei abituato a stare davanti a un video.
Invece con la spontaneità, e due dritte da parte mia all’insegna della semplificazione, tutto è stato più facile.
L’hai fatto anche con Jacopo Bonetto, il prof supervisore dello scavo?
L’ho fatto anche con lui, ma lui è bravo a parlare. L’impronta accademica però non l’ha persa.
Deformazione professionale?
Sai com’è…
Devo dire che ho avuto anche delle rivelazioni. Persone che pensavo avrebbero fatto più fatica sono state, invece, bravissime.
La questione è quella di riuscire a mettersi a proprio agio e fare una chiacchierata sull’argomento nel modo in ci hanno insegnato al master in Comunicazione delle Scienze e cioè come se dovessi spiegarlo ad un bambino.
Questa sensibilità nei confronti della divulgazione gli archeologi padovani l’avevano già?
Beh, siamo partiti per scherzo con le mie riprese fatte col telefonino durante gli scavi di Nora.
Ho iniziato le prime riprese nel 2013 per non avere le solite foto di fine scavo bensì il video di documentazione del momento divertente, del momento risata, del momento tragico, tutto tenuto insieme dalla colonna sonora dello scavo, il tormentone dello scavo. Ogni anno c’era una canzone che passava tutto il giorno tutti i giorni.
A che anno eri?
Mah, forse stavo finendo la triennale.

Anna Ferrarese
Precocissima, quindi…
Sì, ma era più una passione mia.
Poi alla magistrale, quando ho chiesto la tesi al professor Bonetto lui mi ha detto: e se invece di fare la solita tesi sull’archeologia ne facessimo una su archeologia e video?
È da lì è nato l’interesse a fare divulgazione attraverso i video.
Documentazione video e realtà aumentata, altro canale con cui gli archeologi di Padova comunicano le loro scoperte.
In realtà sono due modi diversi di comunicare.
La realtà virtuale è un aspetto che sta crescendo tanto nel nostro ambiente perché ti permette di far vedere, grazie ai mezzi che abbiamo oggi, ricostruzioni di cose passate che altrimenti non potresti vedere o ambientare monumenti e oggetti in luoghi in cui non potresti andare normalmente.
Fare video è un’altra cosa.