Io e il mio iPhone

(ri)Uniti da un ineluttabile destino, in una calda mattina d’agosto

Aveva appena inviato un sms per fissare un appuntamento con un collega, quando il segnale del telecomando fece gracchiare la porta del garage che pigramente iniziò ad aprirsi.

La mattina procedeva tranquilla, come da programma, quantunque lei non avrebbe proprio voluto che quello fosse il programma di quella mattina. Lei pensava ad altro: lavori da finire, progetti da avviare, storie da scrivere, decisioni da prendere. I suoi pensieri volavano senza meta e senza pace, gironzolando ovunque tranne nell’unico luogo in cui avrebbero dovuto stare: lì, con lei, ben concentrati.

La porta dell’enorme garage le si spalancò di fronte e lei distrattamente fece quel che fa sempre quando si appresta a guidare la sua mercedes cabrio. Appoggiò borsa e telefono sul cofano, abbassò il frangivento, cercò la chiave dell’auto, quindi fece scattare le serrature delle pesanti porte bianche.

Nel bagagliaio ripose alcune borse per la spesa che avrebbe fatto al ritorno dai suoi giri, valutando ancora se le sarebbe convenuto comprare il pesce al supermercato oppure in piazza.

Salì in macchina e dopo qualche piccolo controllo, avviò il motore e la macchina si mosse.

Fuori dal garage non c’era un’anima, quella mattina d’agosto, nemmeno la solita auto parcheggiata immediatamente a destra del garage che ogni volta la costringeva a fare una manovra poco elegante e fastidiosa.

Finalmente partì e guardando distrattamente la strada davanti a sé, continuò a inseguire i suoi pensieri.

Come l’eco di una voce lontana, che ripetutamente risuona ritmica nell’orecchio e lì rimane, all’improvviso si materializzò nella sua mente il ricordo, recondito ma silente, di un suono mai arrivato. Realizzò di non aver mai udito il trillo di feedback del suo collega a conferma dell’appuntamento.

Le venne il panico perché capì di non avere con sé il suo iPhone. Era rimasto sul cofano dell’auto.

Accostò immediatamente. Guardò il cofano. Incrociò assurdamente le dita sperando che il suo magico telefono potesse avere sconfitto le leggi della fisica.
Ovviamente l’iPhone non c’era.

Fece una conversione a U e tornò indietro il più in fretta possibile.

Ripercorse la strada che aveva fatto poco prima. La sua mente, ora più che mai concentrata, la precedeva cercando di ricordare se in qualche momento i suoi occhi avessero registrato la presenza e poi l’assenza del telefonino. In realtà non era possibile perché aveva appoggiato l’iPhone proprio in quell’area coperta dal tagliando dell’assicurazione impossibile da vedere dal posto di guida. Provava a indovinare a che punto potesse esser caduto, se fosse rimbalzato e scalciato via oppure schiacciato sotto le ruote.

Un umore luciferino l’assalì, seguito da uno scoramento infinito. Ciò che stava succedendo aveva un significato.

Più e più volte ripercorse la strada che aveva fatto quella mattina presto, ma del suo iPhone nessuna traccia. Pensò che la buona notizia era che, se cadendo si fosse rotto o fosse stato stirato da un’auto, ne avrebbe scorto in terra qualche pezzo. Ma no, di pezzi di iPhone lungo quella maledettissima strada nemmeno l’ombra.

Non le restava che sperare che qualcuno lo avesse già trovato e raccolto. Bastava solo calmarsi e aspettare la telefonata foriera di lieta novella: “Abbiamo trovato il suo telefonino :)”.
Ma per tutto il giorno nessuna telefonata arrivò.

Si decise a bloccare la SIM, a far denuncia, ad affiggere cartelli come se avesse perduto il suo gattino. E la decisione fu sofferta.

È straordinario come Apple riesca ad umanizzare i propri dispositivi. A conferir loro quella strana alchimia animista che trasforma gli oggetti inanimati in animate sostanze, care presenze che allietano la nostra esistenze e la rendono (apparentemente) più ricca.

Quel giorno chiunque venisse a sapere che lei aveva perso il suo iPhone, reagiva come si fosse  trattato della dipartita di un caro amico o dello smarrimento di un prezioso gioiello.

Questo alimentava il suo scoramento, mentre l’umore si faceva via via più nero. Eh sì, perché lei ama i suoi oggetti-feticci, li conserva con cura, li colleziona. Le allietano la vita, gliela semplificano, ne aumentano il comfort. E questa è una ragione sufficiente per soffrirci quando mancano. E perdere tutto questo per distrazione è davvero stupido.

E fu sera e fu mattina.
Pioggia e vento avevan spazzato via il caldo e il malumore, mentre una nuova giornata piena di speranze stava per iniziare.

Aveva cominciato presto a chiacchierare con gli amici su Facebook, che caramente l’avevano confortata e sostenuta con preziosi suggerimenti. Tutti le dicevano di insistere.

Alcuni le suggerirono di utilizzare l’applicazione Find my iPhone. Ma lei mica ricordava se l’aveva attivata o no. Altri le dissero che l’applicazione non era indispensabile, ma di insistere ugualmente contando sulla geolocalizzazione.

Le sembrava tutto controintuitivo. Se non altro perché continuava a chiedersi se tutte quelle diavolerie avrebbero funzionato a telefono spento.

Cercò comunque di capire come funzionasse il Find my iPhone, ma senza troppa fiducia. Ed infatti non appena la pagina di iCloud mostrò il messaggio “No Devices” perse ogni speranza.

Chiamò Apple, giusto per non lasciare nulla di intentato, e un assistente molto empatico, dopo  averle dimostrato tutta la sua comprensione, la invitò a continuare a monitorare la pagina di iCloud.

Ma lei fece spallucce come fa una bimba in colpa ma saggiamente sana, e si apprestò ad affrontare il resto della giornata cercando di elaborare il lutto.
Due ore dopo il telefono squillò. Era sua madre. Chissà cosa voleva. L’ultima volta s’eran sentite la sera prima.

“Amore, come stai?”
“Mah, così. Sono un po’ giù”.
“Ti capisco. Questa mattina ho riacceso il cellulare e ho trovato un messaggio che diceva: ‘Trovato cellulare. Prego recarsi presso il Panificio Vecchiato in Piazza della Frutta a Padova entro le 13.00’”.

Ringraziamenti

Ringrazio la signora Ester, dolce e simpatica, del panificio Vecchiato di Padova, che ha trovato il mio iPhone in un luogo che mai avrei pensato.

Ringrazio la cover LEGO di Benetton, senza la quale il mio iPhone si sarebbe come minimo ammaccato, e invece è praticamente perfetto.

E ringrazio tutti coloro che mi hanno dato suggerimenti su come cercare il mio feticcio, su come fare a sopravvivere senza di esso.

Lui, però, di stare senza di me non ne voleva proprio sapere.
Che culo!

Silvia Pittarello

Author Silvia Pittarello

More posts by Silvia Pittarello

Leave a Reply